Il passaggio dal 55% al 65% è tutt’altro che rose e fiori. Uncsaal ne argomenta l’improduttività in una nota, mentre DFV rincara la dose, intravedendo nel provvedimento un intollerabile dolo alla filiera dell’alluminio, a tutto vantaggio di quella straniera del PVC.
Il decreto che incrementa il bonus fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici nasconde, infatti, un pesante rovescio della medaglia per ciò che riguarda infissi e serramenti in alluminio. Per questo, dopo aver studiato gli allegati tecnici della nuova normativa, Uncsaal «denuncia con forza l’eventuale inutilità di un provvedimento che contiene gravi rischi per il mercato».
Secondo l’organizzazione dei costruttori di serramenti metallici, tre sono i punti che vanificherebbero l’apparente incremento dei benefici. Il primo riguarda l’introduzione di costi massimi al metro quadrato per i serramenti, il secondo l’obbligatorietà di installazione di sistemi di termoregolazione al momento della sostituzione degli infissi, il terzo l’imposizione di nuovi limiti di trasmittanza abnormi.
Ed è soprattutto su quest’ultimo che si abbattono gli strali di DFV, azienda leader nella verniciatura polvere su polvere. «Come già aveva sottolineato a febbraio la stessa Uncsaal, a proposito del Conto Termico – sostieneFranco De Francesco, sales manager di DFV -, i nuovi parametri sono inspiegabilmente troppo severi e si addicono ai soli sistemi in pvc, segnatamente quelli di produzione tedesca. Per rispettarli, i serramenti in alluminio dovrebbero montare vetri tripli e contemplare accorgimenti tecnici e strutturali inutili e costosi per la maggior parte delle zone climatiche dell’Italia.
Queste restrizioni sono perciò sproporzionate rispetto alle nostre zone climatiche e foriere, da una parte, di ricadute poco rilevanti in termini di prestazioni energetiche, dall’altra di ulteriori costi per il consumatore. Se il Governo non farà marcia indietro, il comparto sarà obbligato a un’intransigente levata di scudi».
Quanto al resto, rispetto alla questione costi per unità di superficie, l’Allegato 1 al decreto fissa un limite di spesa di 400 euro al metro quadrato, pur triplicando, contraddittoriamente, il palfond complessivo di spesa, da 60mila 180mila euro. «Da un lato – osserva Uncsaal – nelle zone climatiche “calde” il prezzo massimo potrebbe produrre un rialzo capzioso dei prezzi, dall’altro, nelle zone climatiche fredde il consumatore sarebbe penalizzato non potendo detrarre l’effettivo costo al metro quadro dei serramenti installati». Senza contare le possibili speculazioni di operatori poco seri, pronti a intascare la differenza tra quanto dichiarato e quanto effettivamente speso dal consumatore finale.
L’obbligo dei sistemi di termoregolazione comporta, invece, aggravii di spesa per il maggior costo delle valvole termostatiche e per l’intervento di un idraulico, che si aggiungerà a quello preventivato del serramentista. Tutto si complica ulteriromente per i condomini, laddove per il cambio delle valvole sarà necessario abbassare l’intero circuito di riscaldamento, con l’ulteriore costo di intervento del gestore dell’impianto. Oltretutto, in questi casi, sorgeranno problemi di amministrazione condominiale, poiché, se è vero che un concomino può decidere di cambiare le finestre del suo appartamento autonomamente, è vero anche che, per abbassare l’intero impianto di riscaldamento e installare nuovi contatori per la ripartizione dei consumi, ci sarà bisogno di una decisione unanime dell’assemblea condominiale, la quale dovrà accettare anche la sospensione del funzionamento di tutto il circuito sino alla fine dei lavori.
Ciò considerato, anche Uncsaal si dichiara già sul piede di guerra. Se le cose non cambieranno, infatti, l’Unione Nazionale Costruttori Serramenti Acciaio Alluminio e Leghe «inviterà la filiera italiana dei serramenti a puntare commercialmente solo sulle detrazioni del 50% per le ristrutturazioni edili (che godono di una normativa chiara e praticabile) e impiegherà tutte le proprie energie affinché il Parlamento cambi radicalmente la normativa sul 65%».